Nella teoria delle relazioni internazionali e tra i politologi si parla spesso di dilemma della sicurezza. Vediamo cos’è.
Cos’è il dilemma della sicurezza? Gli addetti ai lavori della politica internazionale parlano e scrivono spesso di questo. Si tratta di quella situazione in cui un Paese agisce per aumentare la propria sicurezza. Il suo comportamento però fa diminuire la sicurezza di uno o più Stati. Questi, a loro volta, ricorreranno a misure che indeboliranno la sicurezza del primo Paese. La conseguenza immediata è la creazione di una spirale di sfiducia reciproca sempre più forte. E le difficoltà per i decision-making di uscire da questo vortice. Un esempio di questo è stata la Guerra Fredda nella sua prima fase dopo la guerra mondiale. Da un lato gli anglo-americani, dall’altro i sovietici. Alleati per sconfiggere il nazifascismo, su fronti opposti una volta che il collante che li univa (la guerra a Hitler) si è sciolto con il crollo della Germania nazista. I loro sospetti reciproci crebbero sempre di più. Ognuno di loro voleva tutelare la propria sicurezza prendendo misure che insospettivano e preoccupavano l’altro. E sono rimasti incastrati nel dilemma, o trappola, della sicurezza. Il crescente senso di insicurezza, percepito con al guerra ancora in corso, si è trascinato nel periodo post-bellico. Nel dilemma della sicurezza è caduto anche il presidente americano Donald Trump. La sua lotta contro i migranti latino-americani, quella commerciale con Cina e Europa, quella con l’Iran rientrano tutte nella trappola di sentirsi sicuri. Il presidente degli Stati Uniti lancia proclami e inveisce, minaccia e alza muri. Dà l’impressione, come a Washington o a Mosca nel 1945, di prendere misure per la sicurezza facendo alzare il senso di insicurezza degli altri Paesi. La reazione già si vede. L’Iran annuncia di aumentare l’arricchimento di uranio oltre i livelli stabiliti nell’accordo nucleare del 2015. La Cina crea la nuova Via della Seta per arginare il blocco tariffario americano. I corsi e ricorsi storici come scriveva Gianbattista Vico.