Cosa sappiamo del secondo colpo di Stato in Mali

La storia del colpo di Stato condotto dalle forze armate del Mali. Arrestati presidente e premier. La gente esulta nelle strade.

Un colpo di Stato che era nell’aria da tempo. Il secondo nel giro di otto anni che mostra tutta l’instabilità politica del Paese. Il Mali, nel cuore dell’Africa subsahariana, ha tutti gli ingredienti della tipica storia africana. Un presidente che ha contro la popolazione, la presenza di potenze straniere con eserciti e servizi segreti, le forze armate che spodestano il presidente e prendono il potere.


I punti chiave del colpo di Stato in Mali

Da mesi erano in corso proteste e manifestazioni popolari contro il governo in carica per corruzione e cattiva gestione dell’economia;
Il 19 agosto 2020 le forze armate del Mali prendono il potere nel Paese dopo avere arrestato il presidente in carica Ibrahim Boubacar Keita;
L’esercito del Mali nell’annunciare il golpe dichiara la volontà di istituire un governo di transizione che conduca a nuove elezioni politiche;
I golpisti hanno imposto il coprifuoco notturno dalle 21.00 alle 5.00 e la chiusura delle frontiere.


Come è avvenuto il colpo di Stato in Mali

Le forze armate dello Stato africano hanno colpito durante la serata a cavallo tra il 18 e 19 agosto. Sono stati arrestati il presidente Keita, il primo ministro Cissé, il presidente dell’Assemblea nazionale, Moussa Timbiné, il capo di Stato maggiore delle Forze armate, Abdoulaye Coulibaly, e diversi ministri del governo.

I golpisti sono poi apparsi sulla rete televisiva statale “Ortm” nella mattinata chiedendo una transizione politica e civile che costruisca il percorso per nuove elezioni in tempi ragionevoli. I militari hanno annunciato la costituzione di un Comitato nazionale per la salvezza del popolo. E hanno imposto il coprifuoco notturno dalle 23 alle 5 e la chiusura dei valichi di frontiera. L’esercito ha comunque detto che permetterà la prosecuzione delle missioni internazionali che si svolgono sul territorio: Minusma, Barkhane, G5 Sahel e Takuba. Gli autori del golpe hanno anche ricolto un invito alle associazioni e ai movimenti sociali e politici a unirsi a loro per costruire il percorso di transizione politica e civile.


“Ho davvero scelta”?

Il presidente estromesso Keita è apparso in televisione per annunciare le sue dimissioni e comunicare lo scioglimento del Parlamento. Dopo il golpe avrebbe dichiarato, secondo le agenzie: “Ho davvero scelta? Non voglio che venga versato altro sangue”. Un appello dopo le manifestazioni violente nel paese. Il presidente e il primo ministro, secondo fonti stampa, sono stati condotti in un campo militare.

Il presidente del Mali ha vinto le elezioni nel 2013 e poi quelle per il secondo mandato nel 2018. Nell’ultimo anno è cresciuta la rabbia popolare verso il suo governo, accusato di corruzione e cattiva gestione dell’economia nazionale. Da mesi ci sono forti proteste nel Paese che hanno portato a scontri violenti con la polizia. Malumori erano diffusi anche tra i militari perché sottopagati nonostante i loro rischi legati a essere in prima linea contro i jihadisti. Le regioni desertiche nel nord del Mali sono teatro di scorribande delle milizie jihadiste operative sul territorio.


Reazioni internazionali

Subito dopo la notizia del golpe sono arrivate le manifestazioni di solidarietà dall’estero. Dal presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki Mahamat al ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, dall’inviato statunitense nel Sahel, J. Peter Pham, al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.


Il ruolo della Francia

I francesi sono presenti in Mali con alcune migliaia di soldati divisi tra la missione conosciuta come G5 Sahel e i caschi blu dell’Onu. La Francia è intervenuta in Mali per la prima volta nel 2013 per impedire la formazione di un’alleanza tra miliziani jihadisti e indipendentisti Tuareg operativi nel zone settentrionali e pronte a marciare verso la capitale. I ribelli avevano preso forza dal vuoto politico che era seguito al precedente golpe del 2012 con il quale i militari avevano rovesciato l’ex-presidente Amadou Toumani Toure.

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