Cosa prevede l’accordo strategico tra Iran e Cina

Teheran e Pechino più vicine a un accordo economico e commerciale da 400 miliardi di dollari. Per l’Iran una boccata d’aria dopo le sanzioni americane. La Cina rafforza il percorso della Via della Seta e aumenta la sua influenza nella regione del Golfo.

Iran e Cina stanno per firmare un accordo strategico da centinaia di miliardi di dollari. L’intesa economica e commerciale durerà fino al 2045. Le trattative tra Teheran e Pechino sono iniziate nel 2016 e sono quasi al traguardo.


Cosa prevede l’accordo Iran Cina

Teheran e Pechino si “tutelano” dagli Stati Uniti e si danno un sostegno reciproco attraverso un accordo che ha tutta l’aria di un matrimonio di convenienza.

Lo scorso giugno il New York Times è riuscito a avere una copia del testo ancora in bozza.

Il governo iraniano si impegna a fornire idrocarburi e risorse naturali alla Cina a prezzi competitivi e convenienti. Il governo cinese, come contro partita, si impegna a fare investimenti infrastrutturali in Iran per 400 miliardi di dollari.

Pechino ottiene in questo modo due obiettivi strategici: rafforza e prosegue il suo progetto di Via della Seta che passa proprio dalla regione del Golfo potenziando le infrastrutture iraniane che servono comunqu anche ai commerci cinesi; mette sempre più i piedi nella regione e estende la sua influenza, diventando un nuovo giocatore nella complessa partita per l’egemonia del Golfo.

L’Iran da parte sua riprende a respirare grazie all’iniezione di liquidità cinese. Il polmoni economici iraniani sono alle strette a causa delle sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti. La boccata d’aria offerta da Pechino torna a far respirare la Repubblica islamica.

Il testo dell’intesa parla anche di una cooperazione militare tra i due Paesi, con interscambi delle rispettive intelligence, investimenti nel mercato delle armi, esercitazioni militari. Inoltre, l’accordo apre la strada a una cooperazione economica nei settori strategici delle telecomunicazioni, trasporti e ingegneria cibernetica.


Lo scontro politico in Iran

Non sono mancate in Iran le polemiche parlamentari sull’accordo. Alcuni esponenti delle forze politiche iraniane hanno espresso il timore che la Cina non si accontentasse solo di quanto stabilito. In molti hanno pensato che volesse l’isola di Kish, una posizione strategica nel mare del Golfo, e la presenza di 5000 militari cinesi nel paese. Ha dovuto intervenire in Parlamento il ministro degli esteri Mohamad Javad Zarif per smentire queste voci.

Ma le polemiche ci sono state anche tra l’opinione pubblica iraniana e analisti di politica internazionale. C’è poca fiducia nella Cina.

Lo spiega il professor Nozar Shafii, analista politico e già parlamentare, che ha avvertito che le esperienze dei paesi debitori della Cina in Africa e Asia dimostrano che la strategia di Pechino è quella di chiedere lo sfruttamento delle risorse naturali, creare nuovi mercati per i suoi commerci, creare posti di lavoro per i suoi concittadini nei paesi debitori. E ha definito la tecnica cinese un “nuovo colonialismo”. Dalla Cina non ci sono commenti su questo.

La posizione geostrategica dell’Iran tra mar Caspio e Golfo arabo-persiano e le sue riserve di gas e petrolio è centrale per il progetto cinese di Via della Seta, che coinvolge 60 paesi del mondo e che per la Banca Mondiale farà crescere il Pil di tutti questi Stati. La via della Seta si divide in tre percorsi e il ramo principale passa proprio dall’Iran.


Washington inquieta

L’accordo Iran Cina preoccupa gli Stati Uniti. Secondo un dossier del Pentagono, la Cina è pronta a vendere all’Iran elicotteri e aerei da combattimento, carri armati. Tutti armamenti che sono prima di tutto una minaccia per la sicurezza di Israele. Preoccupa anche il potenziamento tecnologico. La Cina installerà in Iran il suo sistema di tecnologia 5G e Teheran in cambio avrò accesso alla rete di satelliti Gps cinesi (meglio nota come Baidu). Le esercitazioni della marina militare e gli investimenti nella difesa cibernetica sono poi il colpo di grazie che alimenta le inquietudini a Washington e Tel Aviv.

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