Perché i costi della guerra in Ucraina saranno devastanti per la Russia nel lungo periodo. Sanzioni e declino economico.
La Russia è davvero sulla strada del declino economico? Il Fondo Monetario Internazionale pubblica i dati sullo stato di salute del gigante euroasiatico. Nel 2022 l’economia russa ha avuto una contrazione del Pil del 2,3%., l’inflazione sui prezzi al consumo ha chiuso l’anno al 13,8%, il tasso di disoccupazione è al 4%. Positiva la bilancia dei pagamenti che si attesta in attivo al 12,2. Costante il debito pubblico che è pari al 16,9% del Pil.
La Russia in stagflazione
In sintesi, l’economia russa si trova in stagflazione. C’è un aumento dei prezzi, una diminuzione della produzione, una crescita del debito pubblico. La tipica condizione, appunto, della stagflazione, termine che unisce la stagnazione (mancanza di crescita economica) e inflazione. La Federazione Russa sta iniziando a pagare l’aggressione all’Ucraina e le conseguenze del regime di sanzioni internazionali?
Per Konstantin Sonin, dell’Università di Chicago, i nodi creati dalla politica delle sanzioni e dai costi della guerra verrano al pettine dell’economia russa nel lungo periodo. In un interessante articolo pubblicato su Foreign Affairs (Russia’s Road to Economic Ruin), spiega con lucidità perché i costi della guerra saranno sconcertanti per governo e popolo russo.
Nonostante il rublo si stia in realtà rafforzando rispetto al dollaro e la contrazione del Pil sia stata meno del 3% nel 2022, l’economia russa è destinata per Sonin a un lungo periodo di stagnazione. Per uscirne sono necessarie riforme che non si intravvedono all’orizzonte. La Russia stava già affrontando una situazione complessa prima della guerra anche a causa delle restrizioni imposte dopo l’annessione della Crimea. Vladimir Putin e il suo team avevano già iniziato la nazionalizzazione di molte aziende private strategiche, indebolendo le capacità di innovazione e l’efficienza del mercato. L’aggressione all’Ucraina e dieci mesi di guerra hanno peggiorato la situazione.
Le sanzioni non sono missili
Le pesanti sanzioni imposte alla Russia dopo il 24 febbraio 2022 porteranno nel lungo periodo all’indebolimento dell’economia e al crollo del Pil. Nel breve periodo gli effetti si osservano sulla forte diminuzione delle importazioni. Le “sanzioni non sono missili”, scrive l’economista di Chicago, i cui effetti di distruzione sono immediati.
Il crollo delle importazioni rafforza il rublo rispetto a dollaro e euro. Non potendo acquistare beni da una parte del mondo (e neppure venderli) la domanda di valute straniere diminuisce. Aumenta invece la richiesta di rubli da parte di società russe e straniere che hanno volumi di scambi con Paesi che non hanno aderito alle sanzioni (Cina e Turchia per esempio). Si spiega così l’apprezzamento del rublo rispetto al dollaro. E’ sufficiente valutare, ci ricorda Sonin, che l’import russo ha avuto un calo del 40% nella scorsa primavera.
Nell’immediato le sanzioni hanno però limitato l’accesso per l’industria russa al mercato della microelettronica, microchips e semiconduttori. Ciò ha causato un crollo del 90% nel mercato automobilistico russo e un forte calo nella produzione aerea.
E’ finita l’era delle sanzioni?
Ha una visione diversa sull’attuazione delle sanzioni Agathe Demarais, dell’Economist Intelligence Unit. In un articolo sempre pubblicato su Foreign Affairs, ottimo luogo per il dibattito sui temi internazionali, si chiede se l’età dell’oro delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti stia per finire. Al centro della sua analisi c’è anche il tema degli effetti che non si vedono nel breve periodo e che ha già affrontato Sonin sulla medesima autorevole rivista.
The New Yorker si pone lo stesso quesito. Le sanzioni serviranno a far finire la guerra in Ucraina? E se falliscono saranno ancora considerate uno strumento valido della diplomazia internazionale? Una cosa è certa. Come deterrente hanno fallito perché non hanno fermato la Russia dall’invasione dell’Ucraina. Gli Stati Uniti e i paesi occidentali avevano minacciato di ricorrere a dure forme di embargo ancora prima del 24 febbraio.
Qualunque cosa succeda all’economia russa, torna attuale una vecchia legge diplomatica che Sergio Romano racconta nel suo libro “Suicido dell’Urss” (pagina 190) apparso per Sandro Teti Editore nel 2021. Dice questo: “Se sei costretto a diventare debole, cerca di dimostrare ai tuoi nemici che la debolezza è una virtù”. Nel caso l’economia russa si avvicini al collasso, Putin potrebbe cessare la guerra, mostrando la virtù della debolezza e vedersi riconosciuto almeno l’onore delle armi.