Quali sono le cause dell’alta tensione di questi ultimi mesi in Ucraina? Dove nasce la questione ucraina che tiene il mondo con il fiato sospeso?
La crisi tra Russia e Ucraina è prima di tutto una questione geopolitica. E’ questa la premessa fondamentale per capire la questione ucraina. La tensione attuale è figlia della fine di quel bipolarismo crollato insieme al muro di Berlino. Dopo la Guerra Fredda, l’Unione Sovietica si scioglie e con essa si sghiaccia anche il sistema bipolare. Gli Stati Uniti appaiono al momento come i vincitori. L’Urss cessa di essere il nemico delle democrazie occidentali.
Nel 1991 l’Urss non esiste più e si trasforma nella Confederazione degli Stati Indipendenti (Csi), un grande esperimento istituzionale per salvare il salvabile e affrontare i problemi della propria frantumazione.
Le origini della questione ucraina
In termini geopolitici lo scioglimento dell’Urss riduce il peso e il controllo territoriale di Mosca. La Russia perde i territori in Asia centrale e orientale e si riduce a essere in prevalenza un grande paese europeo (Ennio Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali- dalla fine della Guerra Fredda a oggi, Laterza editore Bari 2016, pag 29).
I confini meridionali europei non sono neppure del tutto sicuri, mentre la Siberia è in parte ancora da colonizzare pur essendo il più grande serbatoio di materie prime. A occidente, la Russia è circondata da Paesi che per ragioni storiche le sono ostili. Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Moldova guardano con sospetto e diffidenza al grande vicino russo. Ha un buon rapporto storico con la Bielorussia, che dura fino a oggi, mentre c’è già una tensione continua con l’Ucraina.
Le cause della querelle russo-ucraina derivano da una storica inimicizia ma anche da una incertezza costante sui confini. Questi ultimi sono definiti frettolosamente dal presidente sovietico Nikita Kruscev nel 1954. Il criterio seguito dalla leadership sovietica è quello di dotare l’Ucraina di territori abitati da russi. Così, sono annesse vaste regioni tra le quali la Crimea, abitata in prevalenza da russi.
La politica di Kruscev limita però l’accesso della Russia al Mar Nero perché la Crimea, come abbiamo visto, è posta sotto la sovranità di Kiev. Sebastopoli è il più importante porto militare sovietico sul Mar Nero e quando l’Urss si scioglie ci vorranno lunghi negoziati per decidere, finalmente nel 1997, che rimanga in affitto all’esercito russo per vent’anni.
La Russia, l’Ucraina e il mutamento del sistema internazionale
L’egemonia degli Stati Uniti nel sistema internazionale dura poco più di un decennio dopo la fine della guerra fredda. La crescita economica e di potenza di nuovi attori, come India, Cina, Giappone, Unione Europea, fa intendere che all’inizio del XXI secolo è in corso l’avvento di un sistema internazionale policentrico.
L’interprete principale di questo policentrismo è Vladimir Putin, eletto presidente nel dicembre del 1999. Con lui, e Serghej Lavrov che fa il ministro degli esteri dal 2004, il policentrismo viene adattato alla teoria delle “alleanze variabili”. E’ il principio secondo cui Mosca si allea di volta in volta a seconda delle circostanze e in base ai propri interessi.
Seguendo questa logica, la Russia prende le distanze dagli Stati Uniti sull’invasione in Iraq, sulle sanzioni all’Iran, oppure sulla Siria. Si avvicina a Barack Obama nella prima fase della sua presidenza, per poi allontanarsi a seguito di alcuni episodi successivi. La Primavera Araba, l’affaire Edward Snowden, la gestione della questione jihadista e la Siria.
Il più importante elemento di tensione tra Washington e Mosca è però dal 2013 l’Ucraina. Come abbiamo visto Kruscev ha annesso nel 1954 la penisola di Crimea (incluso il porto strategico di Sebastopoli) – e alcune sue zone orientali – all’Ucraina. In queste regioni ci sono gruppi numerosi di lingua e cultura russa.
Gli “anni sovietici” dell’Ucraina non attenuano il nazionalismo anti-russo del Paese che continua a essere diviso tra due tendenze della sua popolazione: quella filo-europea e filo-occidentale da un lato, quella filo-russa che si considera slava dall’altro. Nel 1994 gli accordi di mutuo rispetto tra Mosca e Kiev sembrano favorire i buoni rapporti di vicinato. Non è però così.
Rivoluzione colorata
Il dualismo tra spinte occidentali e russe si traduce in quella che è conosciuta come rivoluzione arancione. E’ un movimento culturale e politico che guarda all’occidente come punto di riferimento. Lo guida Julia Timoshenko, che ben presto ne diventa l’icona. Nel 2005 diventa premier, un ruolo che ricopre anche dal 2007 al 2010. Al centro del suo programma amministrativo ci sono riforme profonde e un percorso di avvicinamento all’Unione Europea.
La Russia però non sta a guardare e passa alla controffensiva. Nell’inverno del 2009 sceglie il razionamento delle forniture di gas all’Ucraina. Una manovra che sottopone Timoshenko a forti critiche e a insuccesso politico. La premier viene anche accusata di corruzione e arrestata. Si presenta alle presidenziali del 2010 dove viene sconfitta di pochi voti dal candidato filorusso Viktor Yanukovic.
La vittoria di Yanukovic ha inizialmente l’effetto di migliorare le relazioni con la Russia. E al tempo stesso si continua a portare avanti il negoziato per un trattato di associazione con l’Unione Europea. Alla vigilia della firma di questo accordo però, prevista per il 20 febbraio 2014, Yanukovic decide di rinviare la sottoscrizione. Non si sono mai comprese le cause di questa scelta anche se è facile immaginare forti pressioni russe.
Il rinvio è facilmente collegabile alla politica estera di Putin. Il leader russo è orientato a riprendere il controllo anche indiretto su alcuni territori appartenuti all’Unione Sovietica. In particolare attraverso la stipulazione di accordi. Come con la Bielorussia e il Kazakhstan, oppure rivolgendosi verso l’Asia Centrale. Un accordo Ucraina-Ue potrebbe “disturbare” la strategia del leader russo.
Dalla rivoluzione arancione a Maidan
La decisione del premier ucraino di rinviare la firma del trattato di associazione con l’Unione Europea ha ripercussioni in tutto il Paese. Sono molte le città in cui si assiste a forti reazioni. Si sviluppa anzi un movimento simile a quello della rivoluzione arancione. In piazza Maidan (indipendenza) a Kiev, si accampano migliaia di giovani e di oppositori del premier, che contestano la politica filo-russa e sono fautori di un avvicinamento all’Europa e al blocco atlantico.
Il presidio del movimento, conosciuto come Maidan, si trasforma in scontri e combattimenti per diversi giorni fino alla fuga di Yanukovic a Mosca tra il 22 e il 24 febbraio 2014. Il vuoto istituzionale lasciato dal presidente viene colmato con un governo provvisorio tra il tripudio generale.
La felicità di Maidan dura poco. Putin non è certo disposto a dare vinta la partita con i relativi danni all’immagine e alla forza russa. Al centro c’è soprattutto la questione del Mar Nero. Fin dal VXIII secolo, il Mar Nero è al centro di tensioni internazionali. La Russia vuole lo sbocco sul Mediterraneo e ogni possibile ostacolo innesca reazioni e controreazioni. I russi si scontrano prima con l’impero ottomano, poi con la Turchia e le potenze europee.
Preoccupa la questione della Crimea e di Odessa. Quando l’Urss si scioglie nel 1991 il porto di Sebastopoli rimane in mano all’Ucraina per le scelte di Kruscev. Mosca aveva costruito un secondo porto a Novorossik, a est della Crimea, per aggirare la questione di Sebastopoli. Tuttavia i russi devono fare un lungo negoziato con l’Ucraina per ospitare con un affitto pluriennale la flotta nei due porti. Se l’Ucraina adotta una politica internazionale ostile alla Russia, è immaginabile lo sviluppo di una tensione altissima.
L’annessione della Crimea
La popolazione in Crimea è in prevalenza russa. Nel 2014 solo il 24% dei suoi abitanti sono ucraini a fronte di un 59% di russi e un 12% di tartari. Davanti alle scelte del governo di Kiev filo-occidentale, in Crimea si contestano le scelte governative. Fino a proclamarsi, dopo una consultazione elettorale, Repubblica Indipendente e a concordare, il 16 marzo 2014, l’annessione della penisola alla Russia.
La comunità internazionale non riconosce l’annessione e il passaggio di sovranità della Crimea dall’Ucraina alla Russia. Le argomentazioni sono comunque deboli. Perché è difficile negare che l’assegnazione della Crimea alla Russia sia stata una scelta arbitraria di Kruscev nel 1954.
La seconda mossa di Putin è più facile da contestare. La Russia invia mezzi militari, nascondendo la nazionalità, nella regione a est dell’Ucraina. Qui vivono migliaia di russi. A Mosca temono che possano essere oggetto di persecuzioni dopo la vicenda di Crimea. I militari arrivano al confine ucraino e accendono la miccia della guerriglia nelle zone di Donetsk e Luhansk. E’ la regione del Donbass.
Questo atto del Cremlino fa preoccupare di più Stati Uniti e Ue. Quest’ultima in particolare accelera il negoziato per il trattato di associazione il cui preliminare viene firmato il 21 marzo 2014. Unione Europea e Usa adottano da questo momento sanzioni economiche e finanziarie severe nei confronti della Russia.
Da qui si sviluppa una tensione continua alimentata dai forti sospetti di un’offensiva russa per scissionimo ucraino. Nelle elezioni del 26 ottobre 2014 si conferma il sostegno ai partiti europeisti come già avvenuto con le elezioni del 27 agosto 2014 dove viene eletto come presidente Petro Poroshenko. Quest’ultimo tenta un compromesso con Putin in un incontro il 5 settembre 2014 a Minsk. L’accordo prevede il ritiro delle truppe russe dai confini ucraini. L’intesa però non va a buon fine. Poi arriveranno Minsk 2, le elezioni di Volodymyr Zelensky, le mediazioni dell’Europa. Prima della tensione attuale.