Come capire i dazi di Trump in cinque punti

Tariffe fino al 25%. Per il presidente Usa è il Liberation Day. L’Ue minaccia ritorsioni e parla di D-Day. Come capire i dazi di Trump e le loro conseguenze in cinque punti.

Il 2 aprile è il giorno dei dazi americani. Donald Trump lo chiama il Liberation Day. Per l’Europa è il D-Day. Gli Stati Uniti hanno imposto dazi del 20-25% verso l’Unione Europea e il resto del mondo.

La svolta di Washington

E’ una svolta epocale per Washington perché il presidente Usa riporta di colpo le lancette della storia indietro di un secolo. Un post dell’Ispi (Istituto di Studi di Politica Internazionale) evidenzia che “il dazio medio pesato per il commercio internazionale passerebbe (con i dazi di Trump al 20-25%, n.d.r.) dall’1.4% degli anni di massima liberalizzazione al 13%, simile a quella nel periodo del protezionismo e isolazionismo tra le due guerre mondiali”.

Si torna, dunque, a un secolo fa. Ma, come specifica l’Ispi, se allora il commercio internazionale rappresentava solo l’8% del PIL mondiale, oggi questa cifra è salita al 29%.

Il grafico temporale dei dazi
Fonte Ispi

Fatta questa premessa, proviamo a capire i dazi di Trump e le loro conseguenze in cinque punti.

  1. I dazi di Trump al 20-25% colpiscono tutti i Paesi. Anche gli Stati Uniti, che hanno aperto la guerra commerciale, subirebbero una riduzione del Pil dello 0,2%. Il Pil dell’Ue calerebbe invece del doppio rispetto a quello americano (- 0,4%). In Europa la Germania è quella che rischia il maggior calo del Pil (-0,5%), mentre l’Italia dovrebbe rimanere nella media europea (- 0,4%). Secondo gli analisti, il Pil europeo avrebbe una diminuzione ancora maggiore nel caso in cui l’Europa prendesse misure di ritorsione.
  2. Dove l’Europa rischia molto è sulle auto, soggette a dazi del 25%. L’export europeo di auto verso gli Stati Uniti si è triplicato nel corso degli utlimi 15 anni, passando da un volume di affari di 15 miliardi di euro a 51 miliardi. Si assiste invece a una flessione del 17% rispetto alle esportazioni europee di auto verso la Cina. (Leggi il mio articolo su guerra dei dazi e risposta cinese).
  3. Italia e Ue esportano verso gli Usa prodotti e servizi che pesano per il 3% sul Pil. L’Italia rischia di più sui prodotti finiti, che sono il 19% delle sue esportazioni (11% nell’Ue), e sull’alimentare che è l’11% delle sue esportazioni (5% nell’Ue). L’Italia si trova quindi in una posizione vulnerabile di fronte alla minaccia di nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti.
  4. L’export italiano di macchinari e veicoli verso gli USA vale quasi 24 miliardi di euro, con un terzo proveniente dai macchinari industriali e un sesto dalle automobili. Il settore del trasporto non su strada, pur essendo il più esposto (19% delle esportazioni dirette negli USA), vale “solo” 1,7 miliardi di euro. Anche il settore alimentare è a rischio. Le bevande (alcoliche e non) sono il settore più esposto, con il 25% delle esportazioni dirette verso gli Stati Uniti. Seguono i cereali, i prodotti caseari e le uova, con un’esposizione del 13%.
  5. L’idea del Presidente Trump di utilizzare i dazi per sanare il deficit federale si rivela comunque un’illusione. Le entrate aggiuntive dei dazi si attesterebbero sui 200 miliardi di dollari l’anno, mentre il deficit americano supera i 1.800 miliardi. Se Trump volesse rifinanziare il taglio delle tasse del 2017, dovrebbe trovare altri 450 miliardi. Il risultato? Il deficit potrebbe superare i 2.000 miliardi di dollari. In sintesi, i dazi USA rappresentano una minaccia per l’export italiano e l’idea di utilizzarli per sanare il deficit americano si rivela irrealistica.

I dazi di Trump per gli altri

La guerra commerciale di Donald Trump si intensifica e cambia bersaglio in continuazione. Dopo aver preso di mira Cina, Messico e Canada nel suo primo mandato, ora il presidente USA punta i riflettori anche sull’Unione Europea e sul resto del mondo. Trump ha già colpito diversi settori con dazi su acciaio e alluminio, mettendo in discussione il trattato di libero scambio nordamericano (USMCA) e accusando l’UE di approfittare dell’apertura commerciale statunitense. Ma i dazi non sono solo uno strumento economico per Trump: sono anche un’arma di politica estera. Negli ultimi due mesi, il presidente li ha utilizzati per spingere alcuni paesi a collaborare con le politiche americane su immigrazione e lotta al narcotraffico. La strategia di Trump è chiara: usare i dazi per proteggere gli interessi americani e ottenere concessioni dai suoi partner commerciali, anche a costo di incrinare le relazioni con gli alleati storici.

Trump e il ritorno dei dazi

Dazi Usa e Ue: tra i due litiganti nessuno gode

Se gli Stati Uniti dovessero imporre dazi del 20-25% sui prodotti europei, le conseguenze sarebbero pesanti per entrambe le sponde dell’Atlantico. A differenza dei dazi contro paesi come Canada e Messico, questa volta l’impatto sarebbe più equilibrato, vista la simile dimensione delle economie coinvolte. Tuttavia, secondo il Kiel Institute, gli Stati Uniti subirebbero un contraccolpo economico inferiore (-0,17% del PIL) rispetto all’UE (-0,41% in media). Tra i paesi europei, la Germania sarebbe la più colpita, con esportazioni verso gli USA pari al 3,5% del suo PIL. L’Italia, con il 3%, e la Francia, con l’1,9%, subirebbero danni proporzionali. In sintesi, i dazi USA-UE rappresenterebbero un rischio per entrambi, ma con l’Europa più vulnerabile.

Come reagiscono i Paesi

Come reagiscono i paesi e i mercati. Per settimane, i paesi hanno cercato di negoziare i dazi che dovranno affrontare e, in alcuni casi, di preparare ritorsioni. Dopo lunghe conversazioni con Canada e Messico, Trump ha allentato alcuni dazi precedentemente imposti per gli articoli scambiati nell’ambito dell’accordo commerciale tra Stati Uniti, Messico e Canada. L’Unione Europea ha un “forte piano di ritorsione” contro i nuovi dazi statunitensi, ha detto la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Il Primo Ministro canadese Mark Carney ha promesso ritorsioni con “il massimo impatto”. Ha avuto un colloquio con la Presidente messicana Claudia Sheinbaum, che ha dichiarato che darà la sua rispsota a breve.

Le azioni statunitensi sono scese nelle ultime settimane dopo alcuni dei precedenti annunci sui dazi di Trump; i dati economici hanno mostrato che nei primi mesi del 2025, le azioni statunitensi hanno registrato le maggiori perdite trimestrali dal 2022. “Gli Stati Uniti sono da tempo il maggiore beneficiario degli investimenti diretti esteri. Ma i dazi minacciano anche questi flussi. Sì, alcune aziende investiranno negli Stati Uniti per ottenere l’accesso al mercato oggi. Ma non saranno in grado di utilizzare le operazioni statunitensi come base redditizia per i consumatori globali o per raggiungere i mercati commerciali in più rapida crescita… I produttori statunitensi saranno tagliati fuori dalle catene di fornitura globali. E i consumatori e i lavoratori statunitensi in patria saranno lasciati a sopravvivere con una torta economica molto più piccola“. (Shannon K. O’Neil, esperto di commercio internazionale e opinionista di Bloomberg).

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