Come cambia la geografia globale della diplomazia

Un’analisi del magazine statunitense Foreign Affairs riapre la discussione sui mutamenti della geografia globale della diplomazia. La Cina sorpassa gli Usa.

La crescita della potenza cinese non è una novità. Sono molti gli analisti e studiosi di politica internazionale che hanno approfondito la “questione cinese” e l’aumento del suo ruolo nello scenario internazionale. Oggi la Cina ha superato gli Stati Uniti come influencer nelle relazioni internazionali. Lo scrive l’autorevole magazine americano Foreign Affairs in un articolo che affronta l’ascesa di Pechino tra i vip della politica internazionale.

Dicevamo degli analisti e osservatori internazionali. Alcuni di loro hanno messo in evidenza come sia cresciuta la potenza economica cinese. Ma anche come si sia espanso l’ammontare degli investimenti interni e esteri della Cina, il consolidamento delle sue relazioni commerciali, l’aumento del volume d’affari e della bilancia commerciale cinese, la crescita della potenza militare. La Cina, insomma, ha tutte le carte in regola per diventare un player fondamentale della diplomazia del futuro.

La vera notizia, da cui parte tutta l’analisi di Foreign Affairs, consiste nel fatto che nel 2019 Pechino ha sorpassato ufficialmente Washington per numero di sedi diplomatiche. La rete diplomatica cinese è più consistente di quella americana. Con rete diplomatica consideriamo ambasciate, consolati e missioni permanenti presso gli organismi internazionali.

Fin dal secondo dopoguerra Washington ha avuto la più fitta rete diplomatica nel mondo. Adesso è la Cina a detenere il primato. Con 276 sedi diplomatiche contro le 273 degli Stati Uniti, i cinesi “strappano” il testimone agli americani. Questi dati potrebbero ribaltare gli equilibri e segnare un punto di svolta nella competizione internazionale tra le grandi potenze.

L’ascesa cinese ai vertici della politica internazionale è stata rapida. Il Global Diplomatic Index sviluppato dal Lowy Institute, che monitora le reti diplomatiche nel mondo, ha analizzato il fenomeno dell’ascesa della potenza cinese. Nel 2011, per esempio, Pechino aveva 26 sedi governative nel mondo in meno di Washington. Nel 2016 la differenza si era ridotta a otto e la Cina era dietro solo a Usa e Francia. Nel 2017 la Cina ha superato la Francia e si colloca al secondo posto nella classifica della gara. Nel 2019 c’è stato il soprasso.

Intanto, le autorità pechinesi hanno aperto negli ultimi due anni altre cinque sedi diplomatiche. E l’index del Lowy Institute mette ora la Cina al primo posto. Le ambasciate aperte da Pechino sono in Burkina Faso, nella Repubblica Dominicana, nel Salvador, in Gambia e a Sao Tomè e Principe.

Washington dunque arretra sotto l’aspetto delle sedi diplomatiche. Con la conseguenza che la geografia globale della diplomazia è sempre più rossa e meno a stelle e strisce.

Ma non è solo questo. A potenziare la geografia under Cina arrivano anche alcune azioni interessanti. La nuova via della seta, un itinerario economico e politico sotto l’influenza cinese, sembra lo strumento di Pechino per aumentare la credibilità cinese lungo l’asse estremo oriente – Europa.

Dove non arriva con la via della seta, la Cina lavora da anni per assicurarsi di avere sotto la propria influenza i Paesi africani e latinoamericani. La presenza sempre più numerosa di cinesi nel mondo africano e sudamericano non è passata inosservata. Così come non è passata inosservata la strana amicizia con la Russia. Pechino e Mosca hanno bisogno l’una dell’altra. Entrambe guardate con sospetto dall’Occidente, Cina e Russia sono amiche e nemiche. La loro alleanza è il classico matrimonio di convenienza. Pronto a essere sciolto non appena una delle due non avrà più bisogno dell’altra. E l’occasione arriverà quando i cinesi avranno completato la colonizzazione di una parte dell’Artico, la realizzazione completa di alcune infrastrutture nel mondo, l’ingresso ufficiale in Europa con la via della Seta.

Infine c’è il rapporto delicato con gli Stati Uniti su fronte del debito. I cinesi possiedono ancora una buona parte del debito Usa sotto forma, prevalentemente, di fondi sovrani. La guerra commerciale di Donald Trump a suon di dazi mostra l’irresponsabilità di un presidente che non comprende come una buona parte del debito Usa abbia come creditore la Cina. Forse per questo, Trump ha ultimamente frenato sui dazi e mostra i primi segnali di apertura verso i cinesi. E forse e ora che l’America ripensi alla propria diplomazia e torni a essere player centrale e insostituibile.

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