La Colombia ha il primo presidente di sinistra in due secoli della sua storia. Il ballottaggio del 19 giugno ha confermato quanto era emerso nel primo turno.
Petro, un senatore che ha radunato elettori giovani e poveri con la promessa di trasformare una società ineguale, è stato eletto presidente della Colombia. I primi risultati hanno mostrato che il senatore 62enne è in vantaggio sul candidato Rodolfo Hernández, cavalcando un’ondata di sostegno da parte di colombiani alla disperata ricerca di cambiamento in un paese alle prese con alti livelli di povertà, disoccupazione e fame. Con oltre il 99 percento dei voti contati, Petro ha ricevuto più del 50 percento.
La Colombia, la terza nazione più grande dell’America Latina, diventa ora l’ultimo paese a spostarsi a sinistra in una regione devastata dall’assalto economico della pandemia di coronavirus. Il trionfo di Petro, in uno dei paesi storicamente più conservatori del continente, è uno straordinario esempio di come il diffuso malcontento abbia scosso lo status quo.
La sua vittoria è notevole non solo per la sua ideologia politica, ma anche per la sua storia di vita: un ex guerrigliero clandestino, che ha scontato una pena in prigione negli anni ’80 per il suo coinvolgimento in un gruppo ribelle, ora diventerà presidente in un paese ancora vacillante violenza criminale armata. La sua presidenza potrebbe avere profonde implicazioni per il modello economico della Colombia, il ruolo del governo e le sue relazioni con altri paesi dell’emisfero, compresi gli Stati Uniti, il suo più importante alleato.