La Fed alza il tasso di altri 0,25 punti. La Bce li ha aumentati di recente di 0,50. L’obiettivo è ridurre l’inflazione. Ma c’è chi ci guadagna con il rialzo dei tassi di interesse.
In qualunque corso di economia ti insegnano che per battere l’inflazione bisogna aumentare i tassi di interesse. In questo post ho approfondito la questione del rapporto tra tasso di interesse e aumento del livello dei prezzi (inflazione). Se l’inflazione va su, le banche centrali aumentano i tassi di interesse e la condizione economica di famiglie e imprese si fa più difficile. Chi ha un mutuo con tasso variabile fa più fatica. Il potere d’acquisto diminuisce. I consumatori comprano meno e le imprese vendono meno. Di conseguenza, i venditori abbasseranno i prezzi per stimolare gli acquisti dei consumatori.
La scelta della Fed di alzare i tassi dello 0,25, insieme a quella della Bce di aumentarli dello 0,50, segue questa regola. Tuttavia, c’è anche chi ci guadagna con il rialzo dei tassi di interesse.
Se aumentano i tassi di interesse, chi ha depositi consistenti sui conti correnti vede moltiplicare il conto. Va bene anche a chi ha obbligazioni. Sono più favorevoli obbligazioni a breve termine rispetto a quelle a lungo termine.
I possessori di buoni del tesoro (btp) vedono aumentare le loro rendite, mentre per lo Stato che emette quei buoni la situazione peggiora perché aumenta il suo debito.
Ci si riferisce in particolare ai Btp indicizzati all’inflazione europea o italiana. Sono titoli che variano in base a seconda dell’inflazione. Diversa è la situazione dei Btp indicizzati a un tasso fisso. Il vantaggio è che il tasso rimane quello stabilito al momento dell’acquisto dei buoni per tutta la durata (di solito quattro anni).
Soprattutto va bene alle banche. Quando gli istituti di credito prestano denaro hanno guadagni maggiori con tassi di interesse più alti.
Quando i tassi scendono la situazione si inverte, ma migliora per famiglie e imprese.