Che cos’è la riserva in un trattato internazionale?

Mettere la riserva in un trattato internazionale. E’ un’espressione utilizzata in diplomazia e nelle relazioni internazionali. Ecco cosa significa.

Cosa vuole dire mettere la riserva in un trattato internazionale? L’espressione è usata nel mondo diplomatico e nelle relazioni tra Stati. Proviamo a spiegare in modo semplice di cosa si tratta.

Cos’è la riserva a un trattato

La riserva è la volontà di uno Stato di non accettare certe clausole di un trattato internazionale, o di accettarle con alcune modifiche oppure con una determinata interpretazione. In quest’ultimo caso si parla di riserva interpretativa. La definizione è del professor Benedetto Conforti, che è stato uno dei massimi studiosi di diritto internazionale. Sul suo manuale (Diritto Internazionale, n.d.a.) hanno studiato generazioni di studenti universitari. In base alla definizione del Conforti, quindi, tra lo Stato autore della riserva e gli altri Stati contraenti l’accordo si forma solo per la parte non soggetta a riserva. Tra gli altri Stati, l’accordo vale integralmente.

Abbiamo parlato di riserve interpretative. Queste sono di due categorie: le mere dichiarazioni interpretative; le riserve interpretative qualificate. In questi casi, il Paese decide di non accettare una o più clausole se non con un determinato significato.

Utilizzo della riserva

Lo strumento della riserva si usa nei trattati multilaterali, non ha senso in quelli bilaterali. Nei primi, in presenza di un numero elevato di Stati, la riserva ha lo scopo di facilitare la partecipazione agli accordi. In un contesto con tanti aderenti, è difficile pensare che tutti siano d’accordo su tutti i punti. Pertanto, si dà la possibilità di diventare membri del trattato ma con le dovute riserve. In quelli bilaterali lo Stato che non vuole accettare alcune clausole può dirlo alla controparte della fase di costruzione del testo dell’accordo.

Le riserve nel diritto internazionale classico

Nel diritto internazionale classico, quello antecedente la seconda guerra mondiale, le riserve dovevano:

  • essere previste nel testo del trattato. In mancanza di questa previsione non si poteva ricorrere alla riserva;
  • la possibilità di apporre una riserva doveva essere tassativamente concordata nella fase della negoziazione;
  • C’erano due possibilità di apporre riserve: la prima era la dichiarazione degli Stati di non accettare alcune clausole; la seconda era la generica possibilità di apporre riserve al momento della ratifica. Ma anche in questo caso andavano indicate le clausole e gli articoli che si potevano ratificare;

Le riserve nel diritto internazionale contemporaneo

Nel diritto internazionale contemporaneo si assiste a un’evoluzione della disciplina giuridica in modo da rendere la riserva più idonea allo scopo di fare partecipare più Stati ai trattati multilaterali. Una tappa importante in questo percorso di evoluzione è il parere della Corte Internazionale di Giustizia del 1951 sulla Convenzione sulla repressione del genocidio. In questa circostanza, l’Assemblea Generale dell’Onu aveva chiesto alla Corte di esprimersi sul fatto che la Convenzione non prevedesse la possibilità di apporre riserve. La Corte espresse il suo parere, oggi considerato una norma di diritto internazionale consuetudinario: la riserva al momento della ratifica può essere posta purché essa sia compatibile con l’oggetto e lo scopo del trattato. Gli articoli della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati si ispirano a questo parere della Corte Internazionale di Giustizia in materia di riserva. All’articolo 19 della Convenzione si codifica il principio secondo cui la riserva non prevista dal testo di un trattato possa essere formulata al momento della ratifica purché compatibile con il testo e l’oggetto del trattato. La Convenzione ammette anche che la riserva non prevista da un trattato possa essere contestata da uno Stato contraente, ma stabilisce che se non contestata entro un determinato termine (12 mesi) si intende accettata.

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