Il dibattito internazionale all'Assemblea Generale Onu

Il ministro degli esteri nordcoreano minaccia Trump. Lo scontro Iran-Usa e India-Pakistan. Aggiornamenti continui sulla 70° sessione annuale dell’Assemblea Generale dell’Onu a New York.

E’ in corso a New York dal 18 settembre la sessione annuale dell’Assemblea Generale dell’Onu. Sul palco della grande sala del Palazzo di Vetro si avvicendano i capi di Stato dei Paesi del mondo. Sono 193 gli Stati membri. Ciascuno ha la sua delegazione presso l’Assemblea Generale.


Gli interventi dei capi di stato e di governo all’Assemblea Generale dell’Onu


Il Ministro degli Esteri della Corea del Nord è intervenuto all’Assemblea generale dell’Onu nel momento in cui i caccia americani hanno sorvolato le coste nordcoreane. Se succede qualcosa al nostro popolo le conseguenze saranno devastanti, ha detto il capo della diplomazia di Pyongyang.
Il delegato dell’India il 22 settembre ha definito il Pakistan uno Stato terrorista. E’ la risposta all’intervento del rappresentante pakistano davanti all’Assemblea dell’Onu quando aveva accusato l’India di crimini di guerra in Kashmir.
A margine di una conferenza stampa, Donald Trump ha annunciato di avere preso una decisione sul futuro dell’accordo nucleare con l’Iran. Il presidente Usa ha detto di avere deciso. “Ho deciso” ha ripetuto tre volte. Non ha però detto cosa ha deciso. In gioco c’è il rinnovo della certificazione dell’accordo, che scade a breve. Il segretario di stato Rex Tillerson ha chiarito che Trump ha fatto tutto da solo, senza consultarsi con nessuno. Intanto, è arrivata al Palazzo di Vetro la reazione del’Iran. La suprema autorità religiosa Ali Khamenei ha accusato Trump di usare un linguaggio da gangster e cowboy, riferendosi all’intervento di Trump all’Onu del giorno prima.

20 settembre- La star più attesa naturalmente il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Nel suo intervento ha “aggredito” verbalmente i nemici degli Usa. Rispolverando un classico leit-motiv lanciato da George W. Bush nel 2002, Trump ha puntato il dito contro gli Stati canaglia, i “rough states”. Per il presidente americano, sono Paesi canaglia l’Iran, la Corea del Nord, la Siria e la new entry Venezuela.

Dal capo di stato Usa non si sono sentiti grandi approfondimenti sul panorama di politica internazionale, sullo scenario futuro, sugli assetti geopolitici e neppure sulle grandi questioni economiche. Molto meglio il Trump di lunedì scorso nel meeting all’Onu con il segretario generale Antonio Guterres. Qui il capo della Casa Bianca ha almeno dato la parvenza di essere un leader mondiale approfondendo il tema della riforma dell’Onu.

Le reazioni all’intervento del presidente degli Stati Uniti non sono mancate. Il presidente dell’Iran, Hassan Rouhani, salito sul palco il giorno successivo, ha fatto un intervento di grande spessore sotto l’aspetto diplomatico. Senza mai citare Trump per nome, ha fatto chiaramente riferimenti a lui e ai suoi attacchi verbali continui a Teheran e agli iraniani.

Rouhani ha messo in chiaro che se qualcuno intende smontare o mettere fine all’accordo nucleare, l’Iran è pronto a reagire. In poco tempo, ha avvertito, gli iraniani sono in grado di rimettere in moto un programma nucleare potente. Il leader iraniano ha elogiato il lavoro diplomatico fatto gli anni scorsi per portare a un patto sul nucleare che a Teheran giudicano positivo.

L’intervento di Trump ha suscitato anche la reazione del Venezuela. Da Caracas i commenti e i giudizi sul presidente americano sono stati molto duri.

Il solo che ha definito quello di Trump un grande discorso è stato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Il governo di Israele ha fatto pressioni sulla Casa Bianca perché si smonti l’accordo nucleare con l’Iran. Netanyahu aveva già esposto questo suo obiettivo in tempi non sospetti. Fu all’epoca di Barack Obama, quando il candidato premier israeliano andò a incontrare a Washington la potente lobby ebraica americana Aipac. Qui annunciò che sarebbe stato sempre contro l’accordo nucleare con Teheran.

Per l’Unione Europea è intervenuto Donald Tusk, presidente del Consiglio Europeo. Tusk ha parlato dei grandi problemi che stanno affliggendo il mondo: dal terrorismo all’immigrazione, dalla povertà alla fame. Senza trascurare le tensioni nucleari. In particolare, ha toccato il tema dei trafficanti di uomini nel Mediterraneo e quello del rischio di una proliferazione nucleare.

Il premier italiano Paolo Gentiloni ha invece sottolineato come non si possa rispondere a tutte le grandi sfide contrapponendo Paesi a altri Paesi o innalzando muri. Il premier ha poi annunciato che occorre ritornare in Libia, in accordo con l’Onu e con il governo libico di unità nazionale.

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