Il trattato di non proliferazione nucleare (Tnp)

Il Tnp, trattato internazionale di non proliferazione nucleare, torna attuale nel dibattito sull’accordo iraniano


Decidendo di uscire dall’accordo con l’Iran del 2015, Donald Trump ha riacceso il fuoco sotto la pentola del dibattito sulle armi nucleari.
Il trattato firmato da sei Paesi – Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania, Russia e Cina, a cui si è aggiunta l’Ue- con il governo di Teheran è figlio di quella cultura internazionale sensibile a frenare la creazione e diffusione delle armi di distruzione di massa.
Andiamo quindi all’origine del percorso che ha convinto i governi mondiali a dire stop alla proliferazione nucleare.
La sorgente, per usare un termine idrogeologico, da cui tutto nacque fu un accordo raggiunto nel 1968: il Trattato internazionale di Non Proliferazione Nucleare (Tnp). Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna promossero il negoziato che portò alla firma dell’intesa cinquant’anni fa.


Trattato di non proliferazione nucleare


Cosa prevede il Tnp

  • Il punto centrale dell’accordo è impedire ogni ulteriore diffusione di armi nucleari. Usa, Urss e Gran Bretagna lo firmarono subito nel 1968. Francia e Cina lo fecero nel 1992.
  • Il trattato introduce il principio secondo cui i Paesi possessori di armi nucleari avrebbero fornito a quelli “denuclearizzati” la tecnologia per un uso pacifico dell’energia nucleare con la garanzia che i loro programmi di sviluppo non prevedessero utilizzi militari.
  • Non è previsto un meccanismo internazionale di intervento nel caso in cui uno Stato commetta una violazione del Trattato. Si ricorre in questi casi ai meccanismi previsti dal diritto internazionale.
  • Attualmente sono 189 i Paesi firmatari del Trattato di Non Proliferazione Nucleare.

Il nuovo quadro giuridico che il Tnp tentò di creare nel 1968 ha funzionato poco. Per esempio, principi e regole contenuti nell’accordo non sono mai riusciti a trasformarsi in vere e proprie norme internazionali.
Alcuni Paesi denunciarono il Trattato definendolo un “Apartheid nucleare”. Molti Paesi in via di sviluppo lo considerarono come un’espressione del ricco mondo occidentale che tentava di porre restrizioni alle aspirazioni degli Stati meno ricchi.
Pochi insomma lo vedevano come un patto che imponeva obblighi legalmente vincolanti. Fu questa la sua difficoltà principale. Infatti, il Tnp non riuscì a impedire che Stati firmatari non continuassero a andare avanti con i loro programmi di produzione di armi nucleari. In palese violazione del Trattato.
E’ stato il caso della Libia, Siria, Iraq e Iran. La Corea del Nord è andata anche oltre, perché uscì dal Tnp nel 2003 e cominciò quella serie di test missilistici e nucleari che abbiamo visto di recente. Fuori dal Trattato, il regime di Pyongyang era anche fuori dal controllo internazionale.
Abbiamo detto che il Tnp non prevede un meccanismo internazionale di intervento per le violazioni commesse dagli Stati. In alcuni casi, le violazioni hanno portato a un conflitto internazionale. Fu con l’Iraq di Saddam Hussein nel 2003, con l’attacco di Stati Uniti e Gran Bretagna. Lo fece Israele contro Siria e Iraq. E l’Unione Sovietica prese in considerazione un attacco militare alla Cina nel 1960, poi Mosca ci ripensò.
Il Tnp ha avuto pochi ma significativi successi nel bloccare l’avanzamento di programmi nucleari. Sudafrica, Argentina, Brasile, diverse repubbliche “post-sovietiche” hanno abbandonato i loro programmi nucleari. E’ altrettanto vero che molti altri Stati hanno continuato a acquistare gli armamenti nucleari, nonostante il Trattato.

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