A Parigi prove d’intesa tra Putin e Zelensky sul Donbass

Negoziato a Parigi per un’intesa sul Donbass. Putin e Zelensky al tavolo delle trattative con Macron e Merkel. Sarà guerra o pace?

L’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale titola il suo focus sulla conferenza di Parigi con tre parole: guerra o pace? Probabilmente è il titolo migliore per il vertice voluto da Emmanuel Macron per trovare un’intesa sulla crisi del Donbass.

E’ la prima volta, come rileva l’Ispi, che il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky si incontrano per cercare una soluzione al conflitto nel Donbass. Sulla riunione in corso a Parigi e organizzata dal presidente francese Emmanuel Macron e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, vige il riserbo. Ma il faccia a faccia deciderà se nell’Ucraina orientale continuerà la guerra o si andrà verso la pace.

Il summit del cosiddetto Quartetto di Normandia prova a trovare la quadra sul processo di pace che dovrebbe portare alla fine della guerra nel Donbass e quindi al ritiro delle sanzioni Ue alla Russia.

Dal 2014 a oggi, il conflitto tra il governo di Kiev e i separatisti filo-russi nel Donbass, bastione industriale nell’est dell’Ucraina, ha provocato oltre 13mila morti. ll territorio di frontiera conteso è diviso, con i separatisti sostenuti da Mosca che controllano le aree intorno ai centri industriali di Donetsk e Luhansk, mentre il resto della regione rimane sotto l’amministrazione del governo centrale.

Tutta l’area orientale dell’Ucraina vive una situazione di profonda instabilità e incertezza dall’aprile del 2014, dopo che le autorità di Kiev lanciarono un’operazione militare per riprendere il controllo della regione dalle milizie delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk che sostengono l’indipendenza del Donbass. Gli accordi raggiunti a Minsk dal Gruppo di contatto trilaterale dell’Osce (Russia, Ucraina e le due autoproclamate repubbliche) prevedono un completo cessate il fuoco; il ritiro degli armamenti dalla linea di contatto nell’Ucraina orientale; lo scambio reciproco di tutti i prigionieri detenuti da entrambe le parti; delle riforme costituzionali che conferiscano uno statuto speciale alle autoproclamate repubbliche. Il Formato Normandia monitora il rispetto di quest’intesa. Dalla sigla degli accordi, tuttavia, le due parti si accusano reciprocamente di contrastarne l’attuazione.

Russia e Ucraina sono in guerra, scrivevamo, dal 2014, quando Mosca – dopo un referendum non riconosciuto dalla comunità internazionale – ha annesso la penisola ucraina di Crimea, che si allunga nel Mar Nero. L’azione unilaterale di Mosca aveva seguito la rivoluzione di EuroMaidan, che nel 2013 portò alla destituzione e alla fuga del presidente Viktor Yanukovich. Malgrado il cessate il fuoco concordato nel 2015, inoltre, prosegue la guerra in Donbass, nell’est dell’Ucraina, tra esercito governativo e separatisti filo-russi sostenuti da Mosca. Qui il conflitto ha avuto inizio quando alcuni manifestanti armati, si sono impadroniti dei palazzi governativi, autoproclamando l’indipendenza dall’Ucraina.

Anche se i combattimenti sono diminuiti dopo gli accordi di Minsk del 2015, sono ancora più di 80.000 gli uomini dispiegati da una parte e dall’altra della linea di 500 chilometri di confine. Secondo l’Osce, 11 su 18 decessi di civili nell’Ucraina orientale nei primi dieci mesi del 2019 sono stati causati da esplosioni da mine o altri oggetti altamente esplosivi. Allo scontro sulla terraferma si aggiungono le tensioni marittime: Kiev accusa la Russia di bloccare le imbarcazioni che navigano nel Mare d’Azov, per ostacolare i traffici commerciali. In particolare il porto di Mariupol, conquistato dai separatisti filo-russi nel 2014 e ripreso dalle forze ucraine, è uno snodo importante per le esportazioni di acciaio e grano e per le importazioni di carbone.

L’ex comico e uomo di spettacolo, Volodymyr Zelensky, eletto lo scorso maggio presidente dell’Ucraina con il 73% delle preferenze, ha fatto della pace nell’est del paese il suo cavallo di battaglia in campagna elettorale. Per favorire le trattative con Mosca, ha accettato di ritirare le truppe ucraine da tre aree sul confine e ha sottoscritto uno scambio di prigionieri a settembre scorso che ha interessato in tutto 70 detenuti, 35 russi e 35 ucraini.
Zelensky si è detto favorevole alla “formula di Steinmeier”, una proposta del ministro degli Esteri tedesco che prevede di tenere elezioni in Donbass e concedere maggiore autonomia ai territori in mano ai separatisti. In cambio, l’Ucraina otterrebbe di riprendere il controllo dei territori di confine con la Russia. Una prospettiva che ha suscitato preoccupazione tra alcuni ucraini, scesi in piazza a manifestare contro il timore di un’ulteriore ingerenza russa negli affari del paese.
I colloqui segnano anche l’ultima possibilità di raggiungere un accordo per consentire il passaggio del gas russo attraverso l’Ucraina. L’accordo di transito decennale tra Mosca e Kiev, che garantisce le forniture di gas russo all’Europa, scade il 31 dicembre. La Commissione europea è impegnata da mesi per scongiurare lo scenario ‘sospensione’ e raggiungere un compromesso che permetta alla Russia di esportare, all’Ucraina di incassare le ingenti tariffe di transito (circa 3 miliardi di dollari annui) e soprattutto ai paesi europei di approvvigionarsi anche nel 2020. L’alternativa è il gasdotto Nord Stream 2, ideato per portare il gas russo in Europa senza passare dall’Ucraina, i cui lavori sono quasi del tutto completati. Non è un caso se – come rivela l’agenzia stampa RiaNovosti – all’incontro bilaterale tra Putin e Zelensky partecipano anche il capo di Gazprom, Alexei Miller, e il ministro dell’Energia russo, Alexander Novak. A riprova del fatto che il rinnovo dei contratti di fornitura e transito del gas tra Mosca e Kiev sia in cima all’agenda dei colloqui.

 

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